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Odio il coriandolo!

No cilantroIn questo periodo mi son messo a far ricerche online nella speranza di trovare qualche ricetta nuova. La cucina indiana fa uso massiccio di coriandolo, non solo dei semi ma delle foglie.

Da quanto ne sò i semi sono utilizzati anche da noi, pestati con altre spezie, soprattutto per aromatizzare le carni da grigliare. Non credo di avere invece mai incontrato un piatto italiano che faccia uso delle foglie di coriandolo.

Anche mio papà, che possiede una conoscenza più vasta della mia in materia, sembrava piuttosto incuriosito quando gli ho riferito che in India mettono sto coriandolo dappertutto.

Ricordo in maniera non particolarmente piacevole il primo impatto col cibomindiano. Non sono mai stato uno dal palato difficile però mi ricordo di aver rimpianto parecchio la buona vecchia cucina mediterranea i primi mesi. Mi sembrava che tutti i piatti avessero più o meno lo stesso sapore e mi chiedevo che cosa ci fosse di così speciale in questa cucina osannata in tutto il mondo.

Ricordo anche quando ho telefonato la prima volta al mio amico Loris, con il quale parlo spesso di cucina, e mi chiedeva come fossero le prelibatezze indiane. Io gli risposi che sarei tornato a casa gattonando sui ceci solo per poter mangiarmi una pastasciutta.

Però ora forse ho scoperto cosa rende monotona questa cucina: l’uso massiccio di spezie ed in particolare del coriandolo.

Il coriandolo fresco, chiamato anche cilantro, sembra avere un’ampia schiera di detrattori, visitate ihatecilantro.com per farvi un’idea. Sembra che si tratti di una spezia che o si odia o si ama. Molti dicono che sappia di sapone o di capelli di bambola. Altri dicono che dà un tocco magico alle zuppe. Io non so in che categoria cado, visto che dopo un po’ inevitabilmente ci si abitua.. però sono più propenso a credere che sia una schifezza, primo per via delle mie esperienze passate col cibo indiano e secondo perchè -dico io- ci sarà pur un motivo perchè in Italia non si usa, no?

Miracolo italiano

Viviamo un momento nel quale ogni italiano non può fare a meno di cominciare a porsi seri dubbi sul futuro del Paese. Abbiamo visto l’affare Telecom, ultimo di una serie di raggiri ai danni dei Contribuenti (perchè ormai non si parla più di Cittadini). Ma siamo abituati a queste cose e non ci preoccupiamo più di eventuali scandali, siamo sopravvissuti a scandali come Telecom Serbia e Parmalat perciò sopravviveremo anche a questo. Il problema è che l’italiano lascia passare ma l’investitore straniero no. Spaventati dall imprevedibilità della borsa di Milano questi investitori si tengono ben alla larga, con il risultato che gli investimenti esteri in Italia ammontano al 13% del totale, 20% in meno rispetto alla media Europea. Le grosse aziende italiane sembrano far cilecca una dopo l’altra.

Che dire di Alitalia? Casso, tutte le altre compagnie aeree vanno a gonfie vele.

Lufthansa nell ultimo anno cresce, Air France cresce, British Airways anche. Pure Kingfisher Airlines, neonata compagnia aerea indiana creata dal Re Mida del mercato indiano Vijay Mallya (monopolista del mercato della birra in india), fa scintille. Anche Ryanair, che vende biglietti per l’ europa al costo di un pieno di benzina, è in netta crescita.

Il grafico dell Alitalia fa schifo al caspio.
Cliccate sul grafico degli ultimi cinque anni. Ma come è possibile che ogni volta che un italiano mette mani su un azienda promettente la condanni a morte prematura?

Oggi però ho letto una buona notizia. Il sito del Corriere della Sera mi comunica che Fiat ha avuto, udite udite, nel primo trimestre 07 un utile netto del +149% rispetto al primo trimestre 2006.

Significa che hanno incassato due volte e mezzo gli utili del primo trimestre

2006.

A me sembra un risultato rimarchevole, veramente di tutto rispetto.

Speriamo solo che non si tratti di una bolla di sapone..

Scatole cinesi

Ho rubato questo articolo dal blog di Davide Auteri, che ha a sua volta copiato dai Blog di Antonio Di Pietro e di Beppe Grillo. Non conosco l’autore ma grazie al suo articolo mi sono fatto un idea su il “semplice” meccanismo delle scatole cinesi, che nessuno mi aveva mai spiegato.

Le scatole cinesi sono un artifizio finanziario che consente, attraverso una struttura a piramide di società sempre più piccole, di controllare grandi gruppi con il minimo investimento di capitali.
Un meccanismo perverso che si è affermato in Italia con la scomparsa degli industriali, quelli che avevano i soldi per intenderci, e l’affermarsi dei finanzieri, quelli che li chiedono a terzi e indebitano le aziende controllate.

Le scatole cinesi possono avere effetti catastrofici sullo sviluppo delle aziende, permettono infatti di ottenere il totale controllo con un possesso marginale del capitale azionario, spesso ad una sola cifra.
Il massimo del controllo attraverso una minima proprietà ha di solito come conseguenza l’incapacità di sostenere lo sviluppo.
Una situazione definita spesso come capitalisti senza capitali.

Le scatole cinesi permettono di sottrarre il controllo delle società quotate in borsa agli azionisti. Infatti, nella lunga catena delle scatole cinesi, la società al vertice, quella che alla fine decide, spesso non è quotata e quindi totalmente blindata verso partecipazioni di terzi.
Le scatole cinesi tendono a portare verso l’alto i profitti dei gruppi controllati che vengono impossibilitati a confrontarsi con la concorrenza per mancanza di investimenti e perdono valore nel tempo.

Ma chi paga? Il solito parco buoi dei piccoli investitori che, se sommati, posseggono la quota di maggioranza della società, senza però alcuna autorità sulle scelte manageriali.

Ecco un ottimo esempio di scatola cinese:

quanto possiede il presidente di Telecom Italia, azienda in costante declino, con un debito pari al PIL di molti Paesi e con un titolo che ha perso quasi la metà del suo valore dal 2001?
Pensate un attimo prima di leggere: quanto credete che sia la proprietà di Telecom del tronchetto dell’infelicità (cosi come Grillo ama chiamare il presidente della Telecom, Marco Tronchetti)
Pensato? Beh, è meno!
E’ un pochino di più dello 0,8%.

Infatti, seguitemi, mi rendo conto che non è facile per persone sane di mente:
– Marco Tronchetti Provera & C a.p.a. possiede il 61,48% di Gruppo Partecipazioni Industriali (GPI)
– GPI possiede il 50,18% di Camfin
– Camfin possiede il 25,36% di Pirelli
– Pirelli possiede il 57,7% di Olimpia
– Olimpia possiede il 18% di Telecom Italia.

Calcoliamo il totale:

0.6148 * 0.5018 * 0.2536 * 0.577 * 0.18 = 0.008 circa

Cioe’ lo 0.8% di cui sopra.

Con meno dell’uno per cento l’Industriale governa uno dei più grossi gruppi italiani.

Lavori in corso

Per qualche giorno lascio il sito privo della solita veste grafica perche’ sto facendo l’upgrade a WordPress 2.1 e non ho tempo di configurare tutto perche’ sto fine settimana saro’ via per un matrimonio di una coppia di colleghi mussulmani. Non so neache come devo vestirmi per l’occasione ma ho il vago sospetto che cappellero’ di brutto… poi magari al matrimonio tutti si prostreranno in preghiera e io come un mona in piedi… poi diranno tante preghiere in arabo e io zitto e mosca… senza contare che con alta probabilita’ saro’ l’unico bianco occidentale pervertito senzadio infedele traditore nondellanostracultura…
Mi piacerebbe sapere se ci sara’ almeno un povero indu’ spaesato come me, che mal che vada poi andiamo a farci una birra assieme!
Vi faro’ sapere comunque.

Traffico (2)

L’unica regola che regola il traffico indiano e’: non fermare il flusso.
Questo significa, ad esempio, che rispettare il semaforo rosso e’ in molti casi un optional. I semafori non sono localizzati, come da noi, prima dell’incrocio bensi’ dopo, dimodoche’ i veicoli possano protrarsi il piu’ possibile in avanti e vedere allo stesso tempo il semaforo. Per ottimizzare questo flusso e’ importante che le dimensioni dei veicoli che percorrono la strada sia eterogeneo.. per quanto un vaso sia pieno ci sara’ sempre spazio per un granello di sabbia (qualcuno ricordera’ a proposito uno dei miei precedenti post).
Per affrontare il traffico il veicolo piu’ adeguato e’ la moto, di solito sono 100cc a 4 tempi: ciucciano pochissimo (dai 50 ai 100 km/litro) e permettono di ridurre notevolmente i tempi di percorrenza. L’inconveniente e’ che si trovano ai livelli piu’ bassi della gerarchia stradale (dove la massa vince), molto piu’ in basso di camion ed autobus. Questi ultimi decidono chi passa e chi no, ma i coraggiosi motociclisti non si arrendono e si intrufolano coraggiosamente nei buchi piu’ improbabili nella speranza di guadagnare secondi preziosi per arrivare a casa in tempo per il risotto. Capitano quindi situazioni che normalmente farebbero rabbrividire, come trovarsi impaninati tra due autobus, con un camion di bombole di gas davanti ed un’autocisterna dietro, immediatamente preceduti da un provvidenziale riscio’ che aiuta a mantenere la distanza tra i 4 colossi attorno.
Alcune volte pero’ la regola di far fluire il traffico ad ogni costo genera nefande conseguenze, come i micidiali deadlock,situazioni di stallo che richiedono l’intervento di un vigile urbano. Per farvi capire di cosa si tratta si veda il primo -comune- esempio: due code di veicoli provenienti da direzioni opposte che cercano di girare. Si tratta di qualcosa che probabilmente abbiamo gia’ visto anche da noi. Quello che non abbiamo mai visto e’ questo, dove le moto si dissociano invadono la corsia opposta per rientrare nella corsia corretta non appena ce ne sia la possibilita’!
Con questo concludo ma vi lascio ad un filmatino che abbiamo ripreso il primo dell’anno sul lungomare di Chennai.
Dalle facce dei passanti noterete la serenita’ d’animo con cui questa gente affrontail traffico quotidiano..
vi renderete conto che e’ lo stesso approccio con cui affrontano la vita stessa.